Ciao Jenny, sei entrata anche tu a far parte della squadra di Fiberdroid?
Sì! Faccio parte della squadra di Fiberdroid da gennaio e devo dire che sentirsi parte della squadra è stato immediato. Anche perché, qui in Fiberdroid i team building li tengono in alta considerazione. Altissima, direi.
Come sei entrata in Fiberdroid?
Sono arrivata grazie a Katia, che cercava una figura in supporto all’amministrazione. Fiberdroid sta crescendo molto come azienda e tra la contabilità, gli adempimenti fiscali e tutto il resto, c’era bisogno di una persona in più. Poi noi due ci conoscevamo già, e questo ha reso il mio inserimento nel team più facile: lei sapeva che sul lavoro sono affidabile, attenta, riflessiva e proattiva e anche un po’ rompiscatole, se vuoi questo è il mio difetto, anche se, secondo me è un pregio, quando devi occuparti di amministrazione: ‘’se tutto è in ordine, gli altri reparti lavorano meglio; se qualcosa è fuori posto, prima o poi qualcos’altro ne risente,quindi l'organizzazione e la precisione sono caratteristiche fondamentali in amministrazione’’
Poi l’occasione è capitata nel momento giusto: io mi stavo trasferendo e cercavo un lavoro che fosse più vicino a casa, per non fare la pendolare due ore al giorno. Poi, in Fiberdroid quello che conta è il risultato, e posso anche lavorare in smart working, quando non è necessario essere in ufficio. Siamo sempre connessi, ci coordiniamo anche con Discord e possiamo interfacciarci da remoto.
La multiconnettività è il punto di forza di Fiberdroid: il lavoro da remoto non mi stupisce.
No, infatti. E devo dire che il lavoro da remoto è un bel vantaggio per ottimizzare i tempi. Con la digitalizzazione, ogni documento importante è in formato elettronico: la carta, al limite la usiamo come archivio. E credimi: fa la differenza!
Un’azienda che non è più legata a un unico ufficio.
Esatto. Che poi, una parte di noi è abituata al lavoro da remoto da sempre: quando fai supporto tecnico, o sei lontano dal cliente, o fuori dall’ufficio. In un modo o nell’altro ti interfacci con qualcuno da remoto. Noi riusciamo a farlo anche con le altre funzioni, ed è una cosa normale. Poi, ovvio, ci sono quei momenti in cui è davvero necessario andare in ufficio o perché ci sono scartoffie da controllare o perché ci sono riunioni che è meglio fare di persona.
Esperienze precedenti?
Ho lavorato per sedici anni in un’azienda di telefonia. Facevamo riparazioni su telefoni e smartphones. Pensa che ci sono entrata subito dopo il diploma di ragioneria. Appena arrivata, eravamo in tre dipendenti. Con il tempo siamo passati a più di venti, con quattro negozi diversi. Io ho cominciato proprio dall'inizio: dalla reception, poi sono passata in amministrazione. Poi, sai, quando le imprese sono piccole, si fa di tutto un po’. Facevo sia da receptionist che da responsabile dell’amministrazione: facevo fatture, registravo i pagamenti, mi coordinavo con il commercialista.
Ero un po’ il collante dell’azienda: come receptionist, dovevo interfacciarmi con i clienti e metterli in contatto con i tecnici; dai tecnici, dovevo ricevere il resoconto sulle riparazioni e sugli ordini da fare; finite le riparazioni, mandavo le fatture ai clienti. Posso dire di aver visto ogni singolo aspetto di quell’azienda. Io e Gabriele abbiamo un curriculum simile: anche lui sa che una mansione non è mai indipendente dalle altre: ufficio commerciale e reparto tecnico si parlano per conosce le caratteristiche di un prodotto o di una connettività; tutte e due poi devono rapportarsi con l’assistenza al cliente, per sapere come rispondere e quali esigenze potrebbe avere. Tutti poi, hanno a che fare con l’amministrazione, per fatturazione ,vendite o acquisti. Averlo imparato mentre cresceva l’azienda è stato un grande insegnamento.
Man mano che l’azienda cresceva aumentava anche la complessità e noi siamo riusciti ad imparare a gestirla. Ad esempio, abbiamo allargato i marchi per i quali facevamo riparazione sui cellulari e poi anche ad altri prodotti, come decoder e pc. Non hai idea di quanta gente abbia bisogno di assistenza tecnica. Per noi sono stati anni di vero e proprio boom: oltre ai privati, avevamo come clienti molti rivenditori, che a loro volta ritiravano i telefoni per fornirne di nuovi.
Riparazioni rapide?
Ecco, lì la rapidità era davvero importante! E il difficile era imparare a farlo con molti prodotti nuovi. Anche qui in Fiberdroid abbiamo la stessa sfida: ogni volta che c’è un guasto, dobbiamo sapere anche come lo si ripara, per prevedere le possibili emergenze e saperle risolvere nel minor tempo possibile.
Ci credi che per le prime riparazioni che ho visto fare ci potevano volere anche più di due settimane?
Due settimane per riparare un telefono, neanche smartphone?
Certo! Era normale all’ora. Il cliente ci spediva il prodotto; lo aprivamo, per vedere il problema; ordinavamo i pezzi di ricambio, se erano necessari; e dopo aver finito la riparazione, si rispediva il telefono al cliente. Forse ora può sembrare preistoria, anche per i livelli di riparazione.
Livelli di riparazione, cos'erano?
Il primo livello è quello più semplice, come gli aggiornamenti del software. Nel secondo livello ci sono le riparazioni hardware più facili, come la sostituzione di uno schermo. Al terzo livello ci sono tutti gli interventi sulla scheda madre di un device. Una volta, i centri più piccoli tendevano a spedire il telefono a quelli specializzati per le riparazioni di terzo livello. Poi, marchi come Samsung hanno deciso di cambiare filosofia, per accorciare i tempi, e tutti i centri di riparazione hanno dovuto imparare a fare tutto.
In sedici anni, chissà quante storie divertenti di assistenza al cliente!
Ah, beh, c’è l’imbarazzo della scelta. Tieni conto che eravamo in negozi aperti al pubblico. Clienti che sono scappati senza pagare ma dopo averci lasciato tutti i loro dati; altri imbestialiti perché, dopo la riparazione, il telefono non si accendeva più, salvo ricordarsi di aver scordato di caricarlo, come gli avevamo suggerito…
Come ci si comporta in questi casi?
La prima cosa è: non stare dietro al bancone. Il cliente lo percepisce come un ostacolo. Me ne sono accorta di persona. E poi ce lo ha confermato uno psicologo al corso di formazione. Bisogna rimuovere ogni ostacolo che possa far pensare a un cliente di non essere ascoltato. In negozio, il linguaggio del corpo è molto importante; da remoto, il tono della voce, e la capacità di ascoltare fanno la differenza. Per me è stato istruttivo e ho visto che anche qui in Fiberdroid lo facciamo. Nella maggior parte dei casi, tutto si può risolvere e lo si riesce a fare come si deve: è importante che il cliente si senta rassicurato e che senta che la fiducia che ci ha dato è stata ben riposta. Puoi tardare un’ora per convincere un nuovo cliente e metterci un minuto per perderlo, se non lo sai ascoltare.
Inoltre, io mi occupo dei ticket amministrativi. Risolvere quelli è facile, ma è importante che anche per il cliente lo sia: se è una cosa veloce, glielo dico in anticipo, e si tranquillizza; se mi serve qualche altra indicazione o se può volerci più tempo, deve essergli chiaro, così non si sente trascurato.
Poi, se capita, mi occupo anche delle richieste tecniche più semplici, come ad esempio il monitoraggio della linea dove è sufficiente verificare la portante sul router in caso di down della connettività.
Mi dicevi del team building...
E che team building! Non avevo nemmeno iniziato a lavorare qui in Fiberdroid che Katia e André mi hanno proposto qualcosa di decisamente fuori dal comune.
… i soliti giochi di squadra, magari in qualche agriturismo?
Niente di più diverso. Ti dico solo, che a un certo punto ero a duemila metri dal suolo, a 500 chilometri orari.
Un battesimo dell’aria?
Esatto! Eravamo ad Aosta, con l’Associazione Sportiva Dilettantistica Jet Fighter Training. Abbiamo fatto un giorno di corso prima di volare: ci hanno insegnato le basi del volo, della metereologia, le procedure di sicurezza in volo e anche come si apre un paracadute, dovesse servire. Eravamo ad Aosta per volare, e lo abbiamo fatto in grande stile: prima con un aliante, per sentire tutta l’ebbrezza del volo acrobatico; poi con un Albatros LC-39, un vero jet da caccia, e lì sono state emozioni davvero forti. Un’esperienza in-di-men-ti-ca-bi-le. Aosta, poi è un luogo fantastico per questo: a un certo punto potevamo vedere tutte le cime innevate in un solo colpo d’occhio: Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino, tutti insieme. Uno spettacolo unico.
Poi, io mi sono divertita anche per un altro motivo. Appena arrivati, i miei colleghi maschi facevano tanto i sicuri, ma già la sera prima del volo, qualcuno un po’ impensierito l’ho notato. Al mattino dopo, c’era anche chi non aveva chiuso occhio!
Ma tu non avevi mai volato?
Beh, in famiglia c’è sempre stata la passione per il volo... mio padre, da giovane aveva il brevetto e pilotava elicotteri e idrovolanti sul Lago di Como, qualche volta da piccola ci sono salita anche io.
E comunque, al team building sono stata la prima a salire sia sull’ aliante che sul jet.
I colleghi hanno fatto i cavalieri…
E tu non eri preoccupata?
Certo che lo ero. Ma non bisogna farsi bloccare da questo. Si prende e si va. Spesso è più la paura di iniziare qualcosa di nuovo che il farlo davvero. Nel lavoro, nello sport, nei viaggi… le esperienze nuove vanno fatte.
Sei una viaggiatrice?
Mi piace molto scoprire luoghi nuovi e diversi. Il viaggio è libertà. Soprattutto quelli che ti organizzi tu. Mappe, siti, numeri di telefono e si pianifica. La lingua è un ostacolo solo se ti fai fermare: in un modo o nell’altro ci si intende.
Qualche viaggio avventuroso?
Sicuramente l’Himalaya indiano, uno dei primi viaggi subito dopo la scuola, e anche uno dei più belli. Poi, in Egitto, con la mia amica Daniela, la crociera sul Nilo e la barriera corallina; in Spagna a Madrid a dormire sotto le stelle con i sacchi a pelo, e in ultimo ma non di importanza Las Vegas e la California in bus… tutte esperienze da raccontare!!!