Jul 21, 2022

Motivazione e perseveranza: intervista a Gabriele, il project manager che ci mette l’anima

Motivazione e perseveranza: intervista a Gabriele, il project manager che ci mette l’anima

Oggi parliamo con Gabriele, Project Manager di Fiberdroid. In Fiberdroid da due anni e una forte determinazione al miglioramento continuo. Segni particolari: una passione per la fantascienza anni Novanta. Che per un Gen Z è come fare l’archeologo.

Ciao Gabriele, raccontaci di te: Che esperienze hai?

Mi chiamo Gabriele e ho 22 anni. Ho iniziato a lavorare grazie a uno stage in un negozio di assistenza tecnica. Ho cominciato prestissimo, già in seconda superiore. Ho imparato cosa volesse dire lavorare a contatto col pubblico. Mi seguiva un tutor: io guardavo lui come si muoveva e cosa doveva fare. Mi ci sono trovato bene e ci sono tornato anche l’anno seguente. A quel punto, al negozio serviva una figura da receptionist ma che fosse anche tecnico. Io sono una persona che cerca di cogliere le opportunità, quando si presentano: mi sento a mio agio nel prendere l’iniziativa. Così ho ottenuto un contratto di apprendistato.

Al mio quarto anno di studi ero assunto a tempo indeterminato: lavoravo e frequentavo la scuola, un Istituto Professionale. Ero passato dai due mesi dell’alternanza a un lavoro quotidiano. Lì la differenza l’ha proprio fatta l’iniziativa: non volevo stare in negozio ad aspettare che il tempo passasse. Volevo mettermi in gioco e imparare. È una cosa buona anche per chi ti segue. Un tutor ti aiuta ma non può starti dietro sempre: anche loro hanno le loro mansioni da svolgere. Quindi, prima ti orienti e diventi indipendente, meglio è per te, per loro e per l’azienda.

…che poi, avendo a che fare con i clienti, essere propositivi è importante.

Vero. Capitava spesso che parlando con i clienti come receptionist, mi riuscisse anche di essere io a vendere qualche prodotto: televisori, accessori, ecc. Parlavamo, facevo le offerte e vendevo. Mi sembrava una cosa naturale, non forzata come i commessi che ti saltano addosso appena entri in negozio. È grazie a questo che mi hanno offerto la posizione dopo la seconda alternanza scuola lavoro. Poi, durante il quarto anno eravamo solo in due in negozio: io e il mio ex datore di lavoro che si occupava principalmente delle riparazioni; quindi, io seguivo tutta la parte di receptionist. Poi ho iniziato anche a fare qualche riparazione di smartphone, computer e televisori anche io. Ho anche imparato a fare delle riparazioni hardware; anche grazie a questo sono riuscito a comunicare meglio coi clienti. Iniziando a mettere le mani sugli oggetti elettronici capivo meglio i guasti, così quando si presentavano i clienti con un problema mi era più facile capire di cosa si trattasse e decidere con loro cosa fosse meglio fare.

Le riparazioni di cui parli erano qualcosa che tu più o meno sapevi già fare?

Assolutamente no. Ho imparato tutto osservando e facendo.

Qual è la cosa più facile che hai riparato?

Sono stato un gran patito di smartphone. E all’epoca erano molto più facili da aprire e riparare. Figurati che all’inizio, in negozio non li riparavamo. Noi eravamo un centro autorizzato per i telefoni in garanzia: ritiravamo il telefono e lo spedivamo in riparazione. Ci eravamo accorti che un po’ di gente passava da noi anche dopo che la garanzia era scaduta. A quel punto avevamo due possibilità: o continuare a mandarli via, perché dopo i due anni non c’era molto da fare come assistenza, o imparare a ripararli noi. Sono stato io a insistere: mi ero guardato un sacco di tutorial online per imparare. Su internet trovi ogni cosa se cerchi bene. Poi mi hanno dato dei muletti, degli smartphone che erano abbandonati in negozio. E ho avuto modo di fare tutta la pratica possibile, senza nessuna pressione: non erano telefoni nuovi, anche a far danno non sarebbe successo molto. L’importante era imparare. E col tempo sono riuscito a capire come cambiare uno schermo, una scheda madre, ecc.

Sei stato tu che hai proposto di iniziare a riparare i telefoni?

Loro qualcosa già facevano, ma erano operazioni saltuarie. Poi ci siamo messi a offrire questo servizio per bene. Questo ci ha portato tutti quei clienti che si ritrovavano con un telefono con qualche guasto fuori garanzia. Certo, poi c’erano casi più complicati, dove non eravamo sicuri che saremmo riusciti a risolvere il problema. A volte il timore di peggiorare la situazione c’era, eh! Però in quei casi, l’importante era essere chiari e onesti con i clienti. Gli esponevamo i rischi e si valutava se svolgere la riparazione o meno. A volte non ne valeva la pena. Che poi, io ci ho messo tutto l’entusiasmo possibile, altrimenti non lo avrei fatto. Però sapevo che quella non era la mia passione. Mi divertivo, quello sì: l’assistenza tecnica è un lato molto interessante, ma a me interessava fare altro.

Alla fine, essendo assunto a tempo pieno avevo lasciato gli studi, e questo non mi piaceva. Così ho preso una decisione: tornare a scuola e finire il corso di studi. Era un punto d’orgoglio. E alla fine sono anche uscito con 95/100. Non male direi…

Da studente a lavoratore.

Dopo gli studi avevo bisogno di trovarmi un lavoro e quindi ho cominciato a mandare i curriculum un po’ in giro. Li portavo fisicamente di persona: arrivavo in copisteria, stampavo la mia risma di fogli e iniziavo a camminare. Ne ho consegnati un sacco, fino a che un mio ex cliente non mi ha dato una mano. Eravamo rimasti in contatto dopo che ero tornato a studiare. E ogni tanto lo aiutavo ancora. Lui aveva conosciuto Katia, la nostra responsabile amministrativa in un’escursione. Si sono parlati, e io ho avuto la mia occasione.

Ecco, quello che mi ha molto aiutato era che io ho sempre cercato di instaurare un rapporto umano con tutti: colleghi, capi, clienti. Queste cose sono importanti. Fare bene il proprio lavoro è solo una parte. Far sentire alle persone che ci sei, che sei disponibile per loro e che, se serve, ti prendi cura dei loro problemi, è la cosa più importante. È il lato umano che fa la differenza! A volte, si inizia come clienti e colleghi e poi si diventa buoni amici. Sono entrato in confidenza con molte persone e sono ancora in contatto con alcune di queste, anche dopo anni.

Quindi, ho fatto il colloquio in Fiberdroid, mi hanno preso a maggio con un contratto a chiamata, che poi è diventato un full time a tempo indeterminato. Certo, ora ho un buon lavoro e ne sono contento.

Il tuo è un un ambito di lavoro molto interessante.

Sì. Poi, grazie alla lungimiranza di Katia e André, ho ottenuto un “level up” nelle mansioni. Loro hanno visto che io ci tengo. Non solo al mio lavoro ma anche all’azienda. Per me è una cosa importante: mi ci affeziono proprio. E cerco di dare del mio meglio. Un po’ perché per me è importante ripagare chi crede in me; un po’ perché sono fatto così: il lavoro mi deve piacere, e quando mi piace, il 100% è solo il punto di partenza. Che poi, questa è la nostra nave: se lei naviga, noi arriviamo tutti a destinazione. Se l’azienda fa bene e cresce, anche io lo faccio. Siamo davvero una buona squadra.

Hai trovato delle persone che ti sanno apprezzare.

Sì, e anche farmi crescere. Sono diventato Project Manager. Mi sono anche occupato di fare formazione, per i nostri ultimi collaboratori.

Fare bene la formazione aziendale vi permette di diffondere le competenze tra di voi e potervi supportare a vicenda.

Certo. Quando capita, qualche ticket tecnico lo seguo ancora. Come anche rispondere al telefono e parlare direttamente coi clienti che manifestano qualche esigenza.

E tu riesci a passare anche a compiti più complessi.

Certo. Ti faccio un esempio. Può capitare che un cliente voglia cambiare connettività, magari perché sono cambiate le sue esigenze, ma sono ancora vincolati con i vecchi operatori, magari ancora per molti mesi. Io cerco di trovare una soluzione che giovi a tutte le parti. Magari il cliente ha un collegamento radio, che non fa più al caso suo perché è arrivata nella sua zona la fibra. Rimanere vincolato a una navigazione più lenta, potrebbe creargli dei problemi nel suo lavoro. Allora dobbiamo trovare una soluzione che lo mantenga soddisfatto come cliente. In questi casi prendiamo accordi commerciali con il suo provider per svincolarlo, così possiamo offrigli il servizio che gli offre di meglio. È un’operazione delicata perché coinvolge più aspetti: dalla fattibilità tecnologica – come l’effettiva copertura della zona -, agli accordi commerciali tra le tre parti, agli aspetti amministrativi. Quando riusciamo a fare questo, conquistiamo un cliente che poi sarà fidelizzato, perché ha visto che a noi interessa che lui ottenga il meglio. Io ci tengo personalmente a prendermi cura dei nostri clienti e loro lo apprezzano. Questo non vuol dire che si riesca sempre a dare risposte positive alle loro richieste: l’importante è essere professionali, fare tutto il possibile e far loro sentire che possono affidarsi a noi senza pentirsene.

Appunto: quando tutta l’assistenza è affiatata, i clienti sanno che possono avere soluzioni adeguate in tempi rapidi. E ne beneficiano tutti.

Senza dubbio. Tieni conto che i nostri clienti sono con noi da molto tempo: una volta che provano i nostri servizi, restano con noi. Davvero questa è la fidelizzazione. Non solo, con il passaparola, un cliente soddisfatto te ne porta anche altri dieci durante il servizio. I nostri clienti ci conoscono per nome. Quando rispondiamo al telefono capita che ci chiedano “ciao, mi passi Gabriele?” e che prima di metter giù ci chiedano di salutare i colleghi. Questi rapporti non li trovi tra i grandi providers, per i quali spesso sei solo un numero. Noi ci mettiamo davvero il nostro lato umano.

Ho scoperto che in Fiberdroid c’è di tutto: gamers professionisti, nomadi digitali, programmatori geniali e cuochi provetti. Tu a quale categoria appartieni?

Gamer, non tanto. Gioco, sì, ma la mia passione è il cinema. Ci vado almeno una volta a settimana. Il mio film preferito è Atto di forza. L’originale, non il sequel.

Ma aspetta, non eri ancora nato quando è uscito!

Eh, l'ho recuperato, e me lo sono guardato. Adoro i film di fantascienza e thriller. Ti dirò che mi piacciono quelli degli anni Novanta e primi anni duemila. Non so dirti: a me le animazioni con gli animatronics mi danno un calore da infanzia. E anche qualche commedia, come Una promessa è una promessa. Filmetto carino, che a Natale non guasta mai. I Goonies…

Mi sono fatto una collezione enorme, tra blu ray e 4k. Ti dico solo che ho il cofanetto completo di Star Wars: le tre trilogie più gli spin-off. Gli episodi uno, due e tre sono i miei preferiti, tra i film della serie. Poi ci sono anche film recenti che mi hanno dato un’emozione: nella scena dei tre Spiderman, in Spiderman no way home, sono rimasto a bocca aperta per la sorpresa. È stato stupendo! Poi, se mi chiedi dei suggerimenti, io ne ho un sacco. Ready, player one: la scena in cui ricreano Shining è da brividi! Non solo cinema. Ho anche i miei scrittori preferiti. Uno è Stephen King, ma che lo conoscono tutti. L’altro è Joel Dicker: L’enigma della camera 622 l’ho adorato. E sono anche riuscito a farmelo autografare, quando era venuto a presentare il suo nuovo libro a Milano.

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