La forza della trasparenza: perché la fibra ottica è eccezionale
I nostri dati viaggiano su internet. Quando navighiamo online, quando inviamo una mail o vediamo un telefilm in streaming non ci prestiamo attenzione più di tanto: la pagina web, la mail e – per le connessioni a banda larga – i video sono a nostra disposizione quasi immediatamente. Tanto che possiamo non fare caso a quali impressionanti fenomeni fisici servono per farci avere questo servizio. I dati che arrivano a noi sono spediti in forma di raggi infrarossi attraverso cavi in fibra ottica. Uno dei segreti di questa velocità è la sua trasparenza: la luce inviata riesce ad arrivare a destinazione dopo lunghe distanze conservando gran parte delle sue proprietà originarie.
Quella che oggi è lo stato dell’arte della tecnologia di trasmissione dei segnali ha una lunga storia di ricerca e sviluppo. Negli anni Sessanta, grazie a nuove tecniche di produzione di biossido di silicio si è potuto ottenere le prime fibre ottiche, un nuovo materiale con un grado di trasparenza 10 mila volte maggiore delle migliori lenti di inizio ‘900. Questa maggiore purezza ha aperto la strada a una nuova tecnologia per l’invio dei segnali.
Per migliorare ulteriormente la qualità della trasmissione, i ricercatori hanno ricoperto il nucleo in fibra ottica con un mantello, per isolare il più possibile il segnale luminoso dalle interferenze esterne. Oltre a questo, hanno dovuto affrontare tre grandi problemi: l’assorbimento elettronico, l’assorbimento vibrazionale e la diffusione di Rayleigh. Con l’assorbimento elettronico, l’onda luminosa che passa attraverso un cavo può venire assorbita dagli atomi del cavo in fibra ottica: i segnali con lunghezza d’onda più piccoli rischiano di disperdersi sotto forma di calore lungo il cavo. Anche l’assorbimento vibrazionale comporta una dispersione del segnale, ma sottoforma di aumento nella vibrazione degli atomi dalle lunghezze d’onda maggiori. Con la diffusione di Rayleigh invece, i fasci di luce che incontrano delle particelle nel loro percorso vengono in parte deviate e diffuse in tutte le direzioni: poiché l’impatto è elastico, la luce diffusa conserva la sua lunghezza d’onda originaria. Nei cavi a fibra ottica, la diffusione di Rayleigh è dovuta a disomogeneità non eliminabili nella struttura e contribuisce, insieme agli altri due fenomeni all’attenuazione del segnale luminoso lungo il percorso: solo una parte della quantità di impulsi luminosi in partenza arriva a destinazione. questa attenuazione si misura in decibel per chilometro. A seconda delle lunghezze d’onda del segnale luminoso inviato, l’attenuazione varia tra 0,15 e 1 dB/km. Per farvi un’idea, il vetro delle vostre finestre ha un’attenuazione di 1.000 dB/km: se i vetri delle finestre avessero la stessa trasparenza delle fibre ottiche, si potrebbe vedere attraverso finestre spesse diverse decine di chilometri.
Passi da gigante
Questa continua ricerca per la purezza del segnale ha cambiato il mondo. In una generazione siamo passati da inviarci mail via modem alle teleconferenze in fibra ottica dedicata (FTTH, fiber to the home). Chi ha avuto un modem 56k ricorda con frustrazione il tempo interminabile che richiedeva scaricare un’immagine da pochi Mb da Netscape. Il più delle volte, si fissava sul logo del browser le stelle attraversare quella N maiuscola finché tutte le linee del jpeg non erano sullo schermo: chi avesse avuto la passione per la formula uno, avrebbe fatto in tempo a leggersi l’articolo prima di vedere la foto dell’arrivo al traguardo. I più in forma, avrebbero fatto prima a comprare il giornale in edicola. L’esatto contrario della velocità.
Oggi, con il nostro servizio fibra 1 giga ultra è possibile scaricare 1 gb di dati in 8 secondi. Possiamo avere un film in HD in mezzo minuto. Lo streaming in alta qualità, le videoconferenze, l’invio di intere librerie di dati o di progetti aziendali complessi sono una realtà: possiamo lavorare da remoto o consultare registri online. Possiamo anche connetterci con clienti e fornitori da tutto il mondo, se anche loro hanno una connessione adeguata. Tutto questo progresso grazie al miglioramento continuo nella ricerca di base sui materiali e sui segnali.
I frutti della ricerca
Se il risultato fosse solo questo, già sarebbe degno di meraviglia: la ricerca produce risultati dopo anni. L’industria applica i risultati alla produzione e si modificano interi settori dell’economia: ne nascono di nuovi – l’eCommerce, il cinema on demand, ecc.; alcuni spariscono – niente più sviluppo fotografico nei negozi; altri si adattano – meno cartoline, più pacchi Amazon. La società cambia nel suo complesso: tutto grazie a un segnale che attraversa un cavo più trasparente.
Ma la meraviglia della ricerca scientifica è che non è un processo lineare. Una nuova scoperta può portarne delle altre, in campi totalmente diversi, magari ad anni di distanza. A volte le scoperte sono casuali o frutto di altri insuccessi. La penicillina scoperta da Alexander Fleming era in una muffa su un vetrino di un esperimento non riuscito. Wilhelm Roentgen ha scoperto i raggi x solo casualmente, osservando che la lastra alle sue spalle si illuminava nonostante un ostacolo frapposto tra questa e il tubo fluorescente con cui stava lavorando. Gli esempi sono molti: non tutti hanno quella serendipità delle scoperte casuali. Tutte, a un certo punto, hanno in comune la perseveranza dei ricercatori nell’approfondire un fenomeno e nell’immaginarne nuove applicazioni. La ricerca è come una pianta: può richiedere molti sforzi per presentare i primi germogli, ma quando diventa matura può ramificare in molteplici campi.
Fibra ottica e vulcani: i vantaggi delle interferenze
Le fibre ottiche non fanno eccezione. La diffusione di Rayleigh, uno degli ostacoli nella trasmissione dei segnali, si sono dimostrati essere un fenomeno molto utile. Con gli urti elastici, l’impulso luminoso è deviato in tutte le direzioni. Una parte di queste onde elettromagnetiche rimbalza con un angolo di incidenza tale da tornare esattamente indietro. Se fosse una partita di biliardo, la palla colpirebbe perpendicolarmente la sponda, senza nessun effetto. Questo fenomeno, chiamato backscattering di Rayleigh è molto interessante: riduce la quantità di segnale che arriva a destinazione perché ne riporta una parte all’origine. È un po’ come se, parlando all’aperto con un amico distante, un’eco vi riportasse quanto detto dalla vostra voce. Salvo che, questa diffusione retrograda avviene in continuo lungo il cavo in fibra ottica e non in un unico punto.
Su questo fenomeno, i ricercatori hanno trovato alcune interessanti applicazioni dopo aver notato degli effetti interessanti. Nonostante i cavi a fibra ottica siano ricoperti da un mantello per isolare al massimo il segnale, alcune interferenze esterne possono modificare il segnale, che può arrivare alterato a destinazione. ebbene, le interferenze esterne e il backscattering di Rayleigh hanno permesso un’interessante innovazione: se una parte del segnale viene alterato dalle interferenze esterne e anche rispedito indietro al mittente, allora questi può farsi un’idea del tipo di interferenza. E, grazie alla natura continua del fenomeno, le informazioni sull’interferenza possono essere localizzate lungo il tratto di cavo.
Questo fenomeno è alla base dei DAS, i Distributed Acustic Sensing, nelle fibre ottiche. Ovvero, il cavo in fibra ottica può restituire importanti informazioni sulle interferenze acustiche che si sono verificate lungo il suo percorso. Le interferenze possono essere degli scavi in un campo, degli automezzi che transitano nelle vicinanze o anche fenomeni metereologici o geologici: ciascuna di queste distorce in microscopicamente il cavo, alterando il percorso degli impulsi luminosi. Il segnale di ritorno, analizzato per frequenza e ampiezza dell’interferenza, può restituire la descrizione dell’evento che lo ha causato. Oltre alle interferenze acustiche, possono anche essere rilevate quelle termiche e meccaniche.
Questa tecnologia è utilizzata ad esempio per il controllo dei perimetri industriali per i quali, l’analisi delle interferenze può rilevare tentativi di infrazione. Altre applicazioni possono essere il controllo delle linee degli oleodotti o gasdotti: i cavi stesi lungo i tubi possono attivarsi in caso di guasto o danni alle condutture. Rispetto a un sistema di rilevatori, un DAS presenta due indubbi vantaggi: minori costi di installazione e gestione e una maggiore densità di punti di rilevazione, soprattutto in caso di terreno di difficile accesso o monitoraggio.
Uno spettacolare esempio delle potenzialità di questa tecnologia lo si è visto sull’Etna. Grazie alla tecnologia DAS, i ricercatori sono riusciti a rilevare i segnali più tenui dell’attività del vulcano più studiato d’Europa. L’esperimento in sé era tanto semplice quanto ingegnoso: dall’osservartorio di Pizzi Deneri, si è steso un cavo in fibra ottica per 1300 metri di lunghezza. Il cavo, in gran parte sotterrato a venti centimetri dal suolo, passa attraverso uno strato di detriti vulcanici, affiancandosi alle stazioni di rilevazione geofoniche e ai sismografi. In questo modo, i segnali del DAS possono essere confrontati con quelli degli altri strumenti già in uso. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nel paper “Fibre optic distributed acoustic sensing of volcanic events.)” da un team di ricercatori tra cui, Philippe Jousset, Gilda Currenti e Benjamin Schwarz.
Grazie alla ricerca si sono potuti registrare e studiare segnali molto deboli, che altrimenti non sarebbero stati rilevati. Osservando l’eruzione di dicembre 2018, i ricercatori sono riusciti a stimare il volume dello strato di detriti: scossi da una prima onda sismica, questi entrano in risonanza solo quando la successiva onda acustica ad alta frequenza li ha raggiunti. I sistemi DAS hanno permesso di localizzare le esplosioni e identificare le strutture interne del vulcano e di rilevare eventi più flebili come il degassing – il rilascio dei gas magmatici risaliti in atmosfera o rilasciati nel substrato di roccia -, e i single tremor pulses, i tremori più lievi della struttura vulcanica. L’ipotesi è che tanto il degassing quanto i single tremor pulses siano soggetti a fenomeni di accumulo e rilascio simili a quelli dei terremoti vulcanici di lungo periodo.
Questo esperimento apre nuovi scenari sullo studio dei vulcani. Secondo Lotte Krawczyk, la tecnologia DAS potrebbe permettere lo studio dei vulcani sottomarini, altrimenti inaccessibili.